Samuel David
Era settembre del 2004 quando mi accorsi di essere incinta. Ero una
ventiduenne, madre di tre splendide bimbe: Lexi di 5 anni, Brooklyn
di 3 anni e Gabby di 1 anno. Il mio matrimonio avanzava con fatica e
non avevo pianificato la gravidanza.
Pensavo di avere un accordo con Dio, e che avrei atteso del tempo prima del
mio prossimo figlio. Così, quando ho saputo la novità,
ero arrabbiata e confusa. Così iniziai a porre domande a Dio.
Cosa stava pensando, Lui? Come poteva essere questo il tempo giusto
per me? Perché ero incinta?
Tenni la gravidanza per me fino a quasi due mesi. Poi sentii la risposta di
Dio: Lui mi disse che questo era mia figlio, un figlio speciale.
Il tempo scorreva e c’era sempre questa sensazione che qualcosa
fosse diverso nella mia gravidanza, ma mi dicevo solo che era un
maschio e che sì, era differente. Alla fine di dicembre
iniziai a farmi domande. Il piccolo non si era ancora mosso e io non
ero cresciuta di peso., non sembravo ancora incinta anche se mi
avvicinavo al quinto mese. Lo dicevo ai miei familiari ed amici di
passaggio, ma eravamo sempre ottimisti.
Arrivò
il quinto mese senza cambiamenti e la situazione del mio matrimonio
continuava a peggiorare. Il 12 gennaio 2005 presi appuntamento con il
mio direttore spirituale, fratello Mc.Millin, per discutere della
separazione da mio marito e, terminato l’incontro, avrei dovuto
vedere il dr. Darbonne per via dei miei dubbi sulla gravidanza. Il
dr. Darbonne entrò nella stanza positivo come sempre, e iniziò
l’ecografia come al solito. Poi iniziò a mettere a
fuoco la testa del piccolo, sembrò un’eternità.
Si fermò, mi guardò e disse: “Jessica, c’è
un problema. Il bimbo ha l’anencefalia”, dandomi una
breve descrizione dell’anencefalia, una mancanza di parte del
cervello e problemi simili. Lo interrogai sulle speranze di
sopravvivenza, mi disse che non ce n’erano. Gli chiesi allora
di conoscere il sesso del piccolo; era il mio maschietto.
Fu allora che il tempo si fermò. Non ricordo di essermi sorpresa,
una parte di me sentiva conforto nell’aver avuto risposta ai
sospetti che portavo dentro da tanto. Ma l’altra parte si
sentiva persa, confusa e sola. Volevo tenerlo per me per potermene
effettivamente far carico, ma chiamai fra McMillin. Mi raccomandò
di lasciare da parte le questioni sul mio matrimonio e iniziare a
concentrarmi sul mio piccolo. Poi chiamai mia mamma, Betty. In quel
momento non volevo dirlo a mio marito, ma sentivo che doveva saperlo.
Era suo figlio, così lo chiamai. Jeson era irritato e fece un
sacco di domande a cui n on sapevo rispondere. In quello stesso
giorno iniziai le mie ricerche sulla anencefalia. Trovai molti siti
internet ricchi di informazioni; ebbi risposta a tutte le mie
domande, ma volevo mettermi in contatto con qualcuno.
Mi sembra che sia passato un solo giorno quando sentii il piccolo
muoversi per la prima volta; questo rese la situazione anche più
vera per me. Sapevo che dovevo decidere presto un nome: eravamo in
contatto e volevo chiamarlo con il suo nome, un nome con un
significato importante. Dopo molte preghiere e ricerche trovai Samuel
David, che insieme significa “Dio parla con il suo diletto”.
Anche se il tempo sembrava essersi fermato, molte cose accaddero nei
successivi quattro mesi. Incontrai quattro signore della mia zona che
avevano avuto bimbi con anencefalia, Mayah, Nicole, Tiffany e
Michelle e Kay, che stava facendo ricerche sull’anencefalia.
Incontrai inoltre, online, alcune donne in un gruppo di supporto; queste donne
mi aiutarono a preparami all’arrivo di Samuel. Sono state di
grande sostegno e cura, mi hanno aiutato sempre e in ogni modo; mi
hanno coperta di regali e amore. Hanno condiviso le loro storie e i
loro piccoli bimbi; sono stata molto fortunata ad averle. Mi sentivo
completamente preparata grazie a loro.
Poi c’era la mia famiglia. Anche loro hanno fatto una esperienza
importante con Samuel. Era il quindicesimo a nascere nella nostra
famiglia; avevamo quattordici bimbi sani e nessuno si aspettava nulla
di simile. Non so come hanno fatto ad essere così forti; tutti
erano là per me, ognuno nel suo modo speciale: i miei fratelli
mi si strinsero con forza e supporto; le mie sorelle e cognate mi
tennero nel loro abbraccio senza lasciarmi andare; mia mamma mi
protesse; mio papà, Mitch, ascoltava e pregava; i bambini ci
aiutarono a rendere le cose semplici e proseguire. Infine le mie
figlie mi tiravano giù dal letto al mattino e mi tenevano
allegra, Jason mi stava accanto.
Ebbi anche il supporto di una famiglia allargata e di splendidi amici,
sempre pronti a darmi una mano e a pregare per me. E la mia comunità;
una comunità cristiana, una comunità molto coinvolta:
mi ha molto aiutato nel suo piccolo modo.
E soprattutto avevo Dio; avevo Gesù, Maria, i Santi e gli
Angeli. Mi hanno supportato e fornito tutto il loro aiuto. Supporto
da famiglia, amici, comunità e da sconosciuti. Mi hanno
aiutata ad accettare la mia situazione e sentirmi in pace.
Samuel continuava a crescere e a mostrare la sua personalità. Io
continuavo a prepararmmi. Marzo, aprile, maggio passarono. Il primo
di giugno entrai in ospedale per l’induzione; ero ansiosa ma
positiva. Ero pronta ad incontrare mio figlio, ero pronta a
condividerlo con la mia famiglia e i miei amici. Centinaia erano
presenti per la sua nascita. Le camere nella sala parto erano pronte,
nella hall e nelle sale di aspetto tutti erano in preghiera. A
mezzogiorno Samuel mi ha dato l’ultimo calcio ed è
entrato nel mondo. Era vivo e respirava, ed ero felice.
Era molto grande, assomigliava a suo padre e a sua sorella Lexi, pesava
2.8 Kg. Aveva spalle ampie, mani e piedi grandi e belle labbra piene.
Quando lo tenevi, lui ti stringeva le mani. Era un angelo. C’era
un grande amore, si viveva molta pace nella stanza; avrei voluto
durasse per sempre. Non mi interessava che Samuel fosse anencefalico;
lui c’era ed erano là anche tutte le persone che per
noi avevano significato tanto. Non avrebbe potuto essere migliore o
più perfetto, non avrei potuto essere più felice.
Lo staff dell’ospedale fu meraviglioso. Le mie ostetriche Chery,
Tina e Tricia mi supportarono molto. Ci trovammo in sintonia, furono
compassionevoli e di conforto. Hanno provveduto ai miei bisogni ed a
quelli delle centinaia di persone che ci hanno visitato.
Il terzo giorno ho potuto portare Samuel a casa. Per prima cosa , Jason
ed io gli abbiamo mostrato la nostra casa e il suo cavallo, Sport.
Abbiamo fatto delle fotografie e poi lo abbiamo condotto di sotto dai
miei genitori, dove tutti stavano aspettando. Samuel sembrava stare
così bene. Iniziai a sperare e pensare che sarebbe stato con
noi per qualche tempo.
Alle 21.45 le mie bimbe arrivarono a casa; l’intera famiglia era
presente insieme agli amici più stretti. Samuel sapeva che era
il momento, aveva aspettato quel momento. Alle dieci Samuel ebbe un
attacco respiratorio; quando l’attacco finì, lottava per
respirare. Io iniziai a piangere e pregare, chiamai mio papà e
gli chiesi di pregare. Tutta la casa piegò le sue ginocchia e
si unì. Jason ed io portammo Samuel e le bimbe nella camera
dei miei genitori per trascorrere la nostra ultima ora con nostro
figlio. Continuava a lottare per respirare e io continuavo a pregare.
Elemosinavo da Dio ancora un po’ di tempo, supplicavo Samuel di
resistere. A mezzanotte diede il suo cuore diede il suo ultimo
battito e il mio si è spezzato. Gridai di dolore; dolore così
profondo, lacrime così profonde che solo una madre può
provare. Famiglia e amici si unirono nella stanza, per ore tutti
piangemmo e ci sostenemmo a vicenda. Nessuno chiedeva il perché,
chiedevamo solo la forza.
Era il 5 giugno, la data del termine della gravidanza, e Samuel si era
unito agli altri piccoli angeli in paradiso. Jason ed io lo abbiamo
tenuto e pianto insieme. Lo baciai e baciai, gli tenni la mano. Poi
fu il momento di lasciarlo andare. Jason lo baciò e gli chiese
di andare in paradiso a pregare per la sua famiglia. Noi lo vestimmo
e lo consegnammo a Dio. La mia vita è cambiata per sempre, la
vita di ciascuno è cambiata. Ma senza recriminazioni, senza
chiedere perché. Solo pace.
Lo abbiamo seppellito il 7 giugno. Il funerale è stato bello,
molte persone sono venute e molte vite hanno continuato ad essere
toccate. Samuel è stato sepolto nella tomba della mia
famiglia, è stato sepolto in casa. In paradiso continua ad
operare; Jason ed io continuiamo a guarire, la mia famiglia continua
a guarire. Chiedo a Samuel tutti i giorni di pregare per noi, e lui
lo fa: è il nostro piccolo angelo. Siede sulle ginocchia di
Gesù e gli dice le nostre preghiere; ci veglia dall’alto;
è il nostro miracolo!
Jessica
P.S.
Jessica ha avuto due bimbi sani dopo Samuel Davide: William (19
luglio 2006) e Presley (1 maggio 2008)
Ultimo aggiornamento di questa pagina : 27.02.2019